lunedì 21 giugno 2010

Riciclabile
Il ciclo di vita di un prodotto in legno è tra i più lunghi che si possa immaginare. Una volta concluse le sue funzioni primarie un manufatto in legno ha in genere innumerevoli possibilità di riutilizzo. Ecco allora che vecchie travi possono essere recuperate per dare origine a uno splendido pavimento, per trasformarsi poi in affascinanti elementi di arredo, diventare quindi assicelle di copertura e, ancora, trovare nuova vita come elementi di recinzione oppure semplici assi di imballaggio. Ma non è finita qui. Andando oltre c’è anche la fase del riciclo. Un prodotto in legno, indipendentemente dalla sua originaria forma e funzione, una volta sminuzzato in scaglie o trucioli, può essere ancora recuperato, e ritrovarsi così d’improvviso, a comporre pannelli di nuova foggia da utilizzarsi nei più disparati campi dell’edilizia o dell’arredamento.Oppure, dal truciolo, può trasformarsi in fibre di cellulosa e quindi trovare nuove inaspettate espressioni in forma di carta o cartone.Un materiale dalle cento vite, dunque, che rigenerandosi continuamente, è in grado di prolungare oltre ogni limite immaginabile il suo servizio attivo, oltre che la sua straordinaria funzione di trattenere carbonio.

sabato 5 giugno 2010

nuovo fronte stradale....movimento e comunicazione

R&Sie
"Il gruppo persegue questi obiettivi lavorando su due differenti livelli: il primo coniuga le prestazioni di sofisticate macchine con procedimenti generativi di forma, e si sostanzia per la forte tensione visionaria che permea i progetti; il secondo prevede delle lucide applicazioni pratiche che attraverso l’utilizzo di “processi” meccanici o naturali restituiscono il senso della perenne trasformazione. In entrambe i casi, l’architettura diviene la ramificazione di un pensiero, di una dinamica naturale più complessa. È un sottosistema soggetto alle medesime leggi dell’universo.Cerchiamo adesso di comprendere come l’architettura di R&Sie si inserisca in questo processo e soprattutto come essa abbia una radicata, vitale coscienza ecologica.
Tra i progetti più significativi, vi è quello del 2006, presentato all’ultima Biennale di Venezia: Olzweg. Si tratta dell’ideazione di un «congegno ecosofico e di macchine schizoidi» per la creazione di nuovi spazi. Il progetto è ambientato in una grande corte urbana della dimensione di un isolato, aperta sulla città in corrispondenza di uno spigolo.
Il procedimento generativo è attivato da una macchina, una sorta di robot che utilizza gli scarti delle bottiglie in vetro degli abitanti del quartiere, per trasformarle in stecche di vetro e distribuirle, secondo una logica spaziale, a ridosso degli edifici, lungo il perimetro interno della corte. La macchina è un meccanismo che ricicla e rigenera, e in questo movimento continuo, gradualmente stratifica elementi vitrei in modo tale da creare spazi labirintici, anfratti e cunicoli vitrei. Il labile confinetra ciò che si aspetta dalle macchine, in quanto creature alienate e addomesticate, e la psicologia antropomorfica che volutamente proiettiamo su di esse crea una gamma di potenzialità, sia interpretative sia produttive in grado di ri-“scenarizzare”i processi operativi del campo architettonico. Le macchine sono un vettore di narrazione, sono generatrici di dicerie e al tempo stesso sono direttamente operative, con un prevedibile rendimento produttivo. Il risultato è una colonizzazione materica, una paesaggio
nidificato e a forte tensione estetica che restituisce alla città un’immagine seducente di un processo meccanizzato, generatore di nuovi spazi."