Giardino dei passi perduti, Eisenman, Museo di Castelvecchio di Scarpa
"Eisenman cerca geometrie e significati perduti che struttureranno il nuovo. Il contesto è dunque un palinsesto, ma è anche portatore di una serie di messaggi narrativi, metaforici. L'architettura narra anche una storia e rimanda una presenza fatta di molteplici strati di significato: passati e futuri, geologici e urbani, astratti ma anche sottilmente narrativi. Si propone insomma, come ho già scritto, come "trivellazione nel futuro"(....)
Nella operazione che Eisenman propone a Verona nel 2004 a distanza di 26 anni dal progetto di Venezia, vi sono da notare molti punti che evolvono questa antica traccia di ricerca. Innanzitutto l'architetto decide di non celebrare se stesso attraverso una esposizione dei propri lavori ma propone una maniera che è allo stesso tempo più modesta e più ambiziosa. Non espone se stesso ma le proprie idee. Da qualche parte lo ha detto: "Voglio essere ricordato per le mie idee". In brani del progetto emergono spazi, organizzazioni, frammenti dei progetti significativi del suo pensiero (da Cannaregio appunto, a Santiago di Compostela). Anche qui a Verona, griglie, letture in profondità delle stratificazioni storiche creano l'orditura del nuovo progetto, ma tra le maglie di quel modo di operare prende corpo quasi insensibilmente una vibrazione difficile, una intuizione "pura"(.....)
L'architettura è innanzitutto "pratica critica". Infatti il progetto trova la sua origine concettuale nella consapevolezza della "esilità" della parete (tra l'altro abbellita in falso antico negli anni Venti del Novecento) che separa dal giardino la sequenza dei grandi ambienti espositivi al piano terra. Questa parete è pensata da Eisenman come se fosse un diaframma immateriale per fare entrare in contatto la serie degli ambienti interni con altrettante stanze-piazze esterne che egli disegna nel giardino. In questo modo le cinque grandi stanze espositive e le altrettante piazze esterne creano un dialogo tra positivo e negativo. Tra le due strutture si stende inoltre una griglia traslata rispetto alla giacitura dell'edificio e orientata sull'asse della torre e del famoso ponte ruotato di Scarpa. Questa griglia segna l'orditura per fare emergere nelle stanze di esposizione delle sculture-spiriti, delle zigzaganti forme rosse che si incuneano nella feritoia tra pavimento e muro.(.....)
Ma a questa ben radicata "architettura critica" si sovrappone in questo dialogo tra Eisenman e Scarpa la sottile, leggera ma importantissima rete di una "architettura poetica". Eisenman sceglie un elemento apparentemente secondario e trascurabile del progetto di Scarpa. Si tratta delle linee striate del pavimento disegnate dall'architetto veneziano ortogonalmente al percorso del visitatore e che conferiscono un ritmo dinamico, quasi sincopato, alla successione degli eventi museali. Eisenman "sente" cosa sono in nuce queste righe bianche sul pavimento: sono l'idea, implicita in Scarpa, che l'ambiente museale "non finisce" lì, racchiuso in quelle mura, ma che si estende fuori dall'involucro, nella città, nell'atmosfera, nella storia. L'operazione intelligentemente critica e soprattutto ispiratamente poetica di Eisenman è sentire il significato profondo di queste tracce e di organizzare l'orditura del suo progetto nel cortile facendo muovere e navigare quelle linee in pianta e in sezione per articolare le forme del suolo, le collinette e il canyon che ne segna la parte percorribile e per parlarci ad un tempo di Scarpa, di se stesso, della grande speranza dell'architettura nel mondo.
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