sabato 5 giugno 2010

nuovo fronte stradale....movimento e comunicazione

R&Sie
"Il gruppo persegue questi obiettivi lavorando su due differenti livelli: il primo coniuga le prestazioni di sofisticate macchine con procedimenti generativi di forma, e si sostanzia per la forte tensione visionaria che permea i progetti; il secondo prevede delle lucide applicazioni pratiche che attraverso l’utilizzo di “processi” meccanici o naturali restituiscono il senso della perenne trasformazione. In entrambe i casi, l’architettura diviene la ramificazione di un pensiero, di una dinamica naturale più complessa. È un sottosistema soggetto alle medesime leggi dell’universo.Cerchiamo adesso di comprendere come l’architettura di R&Sie si inserisca in questo processo e soprattutto come essa abbia una radicata, vitale coscienza ecologica.
Tra i progetti più significativi, vi è quello del 2006, presentato all’ultima Biennale di Venezia: Olzweg. Si tratta dell’ideazione di un «congegno ecosofico e di macchine schizoidi» per la creazione di nuovi spazi. Il progetto è ambientato in una grande corte urbana della dimensione di un isolato, aperta sulla città in corrispondenza di uno spigolo.
Il procedimento generativo è attivato da una macchina, una sorta di robot che utilizza gli scarti delle bottiglie in vetro degli abitanti del quartiere, per trasformarle in stecche di vetro e distribuirle, secondo una logica spaziale, a ridosso degli edifici, lungo il perimetro interno della corte. La macchina è un meccanismo che ricicla e rigenera, e in questo movimento continuo, gradualmente stratifica elementi vitrei in modo tale da creare spazi labirintici, anfratti e cunicoli vitrei. Il labile confinetra ciò che si aspetta dalle macchine, in quanto creature alienate e addomesticate, e la psicologia antropomorfica che volutamente proiettiamo su di esse crea una gamma di potenzialità, sia interpretative sia produttive in grado di ri-“scenarizzare”i processi operativi del campo architettonico. Le macchine sono un vettore di narrazione, sono generatrici di dicerie e al tempo stesso sono direttamente operative, con un prevedibile rendimento produttivo. Il risultato è una colonizzazione materica, una paesaggio
nidificato e a forte tensione estetica che restituisce alla città un’immagine seducente di un processo meccanizzato, generatore di nuovi spazi."


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